“Streaming” è il generico atto di guardare un film su un dispositivo digitale, un’azione definita. Questo testo presenta diverse condizioni che si verificano contestualmente allo streaming: una panoramica frammentaria della fruizione e delle sindromi da playlist nel terzo millennio.
Lo streaming è la modalità di visione meno passiva, una forma personale di montaggio puramente soggettiva ed emotivo (emo-driven) generato da una tastiera e da tempi di durata (pause / keep watching / watch it again). Qualcosa che ha cambiato lo status e le politiche della visione.
La definizione di streaming è abitualmente collegata all’uso di computer, film, immagini, infrastrutture e Internet. L’apparato di immagini che accompagnano questo testo racconta lo sviluppo parallelo di modalità di scansione e di acquisizione dati mediante microfilm. Che si tratti di ricerche singole, di grandi network, di sistemi di archiviazione e registrazione mediante monitor o di interfacce video per l’elaborazione di testi, un set di immagini viene sempre usato per configurare in contesti diversi i modelli essenziali che consentono allo streaming di essere un sogno collettivo e in definitiva un fenomeno letterario.
Biblioteca di Stato di Berlino, Archivio Fotografico del patrimonio prussiano, Germania, ante 1997. Courtesy Agencja Fotograficzna Caro / Alamy Foto Stock, ph. Jandke
1.0 Unicast
Paesaggi sempre mutevoli: pensieri
che sono pesci neri, perle sfumate,
gelidi mostri o corpuscoli infinitamente piccoli
rannicchiati nel fondale dell’essere;
embrioni di progetti, vaghe gemme di sogni
che emergono da chissà quale abisso della mente,
risalgono fino allo sguardo in fugaci ipotesi
e vengono ad animare questo schermo di cristallo.
(Georges Rodenbach, Le Voyage dans les Yeux, 1896)
Unicast è per definizione una modalità di trasmissione uno-a-uno; è il sistema meno avanzato, ma l’unico in cui i dati trasmessi sono destinati a un solo ricevente. E dal momento che la poesia può spaziare quanto la mente del lettore, Le Voyage dans les Yeux già preconizzava quell’emozione immediata che un’immensa infrastruttura carica di contenuti e costellata di nodi di rete e filmati compressi conserva tuttora: un conforto solitario.
Una forma di adattamento alla solitudine davvero particolare: non una cura, ma una compagnia.
Collirio.Eye drops. Courtesy Alisha Arif / Alamy Stock Photo
1.1 Out (Look)
La visione in streaming è uno stato d’animo che appartiene alla dimensione intima e individuale come la vita privata; è una forma accessoria di compagnia. E riguardando la sfera privata, il suo svolgersi non deve avere nulla di scientifico né essere determinato da algoritmi o subire le interferenze di annunci terzi; i suoi effetti possono essere poetici o scabrosi come una forma inesplorata di solitudine.
La visione implica immancabilmente una forma di relazione a due con un’indefinibile forma di tecnologia, una preziosa coppia di schermi. Una sorellanza adottiva creata – in alternanza – da immagini e cornee, schermi e osservatore, cristalli a basso prezzo e riflessi.¹
Una corretta rappresentazione dello spettatore contemporaneo ricostruirebbe il panico come una Galleria di Specchi senza uscita. Le uscite d’emergenza nelle sale cinematografiche scientificamente oscurate non producono riflessi, e cedono le ambizioni di rispecchiamento a una moltitudine di vettori di immagini – un’immagine vivente transflettiva ma chiusa. * Immagini quantificate per dispersione.
E se è vero che gli occhi, da Rodenbach a oggi, rimangono in senso stretto una coppia solitaria, è altrettanto vero che le fonti, più oscure del prodotto, e il loro bersaglio visivo – sempre raffigurato in immagini – ora sono quantificate per dispersione.
Le metafore sono sfuggenti. La loro origine è dibattuta tanto quanto è difficile l’accertamento dei fatti. La mobilità della visione non dovrebbe discostarsi dalle fonti che la precedono. Gli schermi di Rodenbach, con l’ausilio di comunicazioni testuali, rappresentano una guida per i recenti sforzi finalizzati a delineare una solida teoria dello streaming, che quindi risalirebbe al tardo Ottocento e ricostruirebbe radicalmente un incanto poetico nel quale la tecnologia è avvertita come una forza di separazione. Una storia delle origini ancora da investigare.
¹Parte un flusso di immagini, video, film. L’effetto è la tua cronologia, la tua vita quotidiana, che appare come un fenomeno discontinuo composto di sequenze, scene, piani, riprese. L’oscurità che si dissolve tra queste due parti di vetro è una configurazione di specchi che all’incontro con la luce dà unità alla rifrazione. La luminosità dello schermo attraversa tutta la mia struttura, il residuo della parte assorbita delinea la mia trasparenza. Quando l’elettricità si attiva, divento una figura transflettiva. Quando è inattiva, appare la mia struttura di vetro. Il nero dei miei cristalli opachi è uno specchio per la tua userface. La retroilluminazione mi uccide, e abilita la tua visione.
* Un’immagine vivente – chiusa – transflettiva, sei annotazioni dall’interno ed esterno di uno schermo.
Esame oculistico con cheratometro: la misurazione della curvatura della superficie esterna della cornea permette di diagnosticare il grado e l’asse di astigmatismo / Ophthalmic test with keratometer: by measuring the curvature of the anterior surface of the cornea, the extent and axis of astigmatism can be assessed. Courtesy Volf Elena / Alamy Stock Photo
1.2 Solo Streamer
Nei decenni che hanno preceduto l’incessante flusso multimediale attuale, le sindromi da playlist sono state sviluppate dagli utenti all’interno delle comunità peer-to-peer, gruppi immateriali che consumavano compulsivamente culti visivi in isolamento.
In base a una logica più o meno universale, il “do ut des” dell’upload e del download, le miniere di video con inviti mirati e permanence policies, hosting, controllo di qualità dei dati e private tracker non determinano il possesso – in forma di archivio – della stragrande maggioranza della produzione video gestita dagli utenti. Nella temporanea proprietà visiva di questi contenuti si registrano picchi di presenza di film commerciali, sequenze casuali e la soverchiante produzione estemporanea di culture visive basate sul formato .mov.
L’onda lunga di questo fenomeno ha irrorato la nostra adolescenza, fornendo una fondamentale videoteca al nostro palazzo della memoria: i torrent pirata e lo streaming illegale sono stati gli interlocutori privilegiati nella costruzione dell’identità della nostra generazione, mentre il cinema e la televisione giravano a vuoto.
La gestione del flusso mediatico si era aggiornata in base a nuove regole e procedure che consentivano l’incontro tra fonte e utente. L’ampio spettro di velocità del consumo privato di video è stato generato da dati personali, da un’attitudine predatoria che viene definita “data hoarding”: due milioni di gigabyte di video disordinati (non classificati) prodotti da videoamatori e caricati sui server di Amazon dagli archivi indicizzati di singoli utenti, dove la durata dei contenuti visivi accumulati basterebbe per secoli.
Una massa di dati inviata e destinata alla soddisfazione solitaria.²
² Ogni sera torni a casa esausto, sopraffatto da un’infinità di eventi, viaggi, relazioni, immagini: nulla che tu possa identificare come un’esperienza compiuta. Disgregata e frammentaria, la natura della tua conoscenza trova un corrispettivo perfetto nei vari aspetti della tua vita quotidiana. I nessi logici tra gli eventi della tua vita sembrano sostituiti da combinazioni casuali. Non ti serve una cura per l’insonnia, solo una buona compagnia.
Cosplayer alla/at the Super Comic Convention, ExCeL Centre, Londra/London. Courtesy Marcin Rogozinski / Alamy Stock Photo
1.3 Singular Streamer
L’evoluzione dello streaming non ha implicato un’offerta di “archiviazione illimitata” per i suoi utenti, perché la riproduzione reiterata non significa proprietà, né una vera e propria accessibilità. La monomania del fandom – un mondo che vive di analisi, teorie e visioni continue di un singolo corpus di contenuti – è stata lasciata a mani vuote. I contenuti si sono separati, e il normale fluire di visioni a distanza e commenti lanciati dalle tastiere che aveva creato i protocolli per la proliferazione delle piattaforme di streaming è confluito in un unico e imperturbabile flusso, una costante offerta di contenuti disciplinati, soggetti e risoluzioni autoregolate che impedisce tutto ciò su cui si fonda il fandom: un’attività di ricerca basata sull’intelligenza umana e il piacere visivo di contenuti rari e preziosi. I contenuti invecchiano e scompaiono, come le abitudini; i consumatori di streaming contemporanei hanno adottato una posizione intermedia che ha generato un osservatore di razza mista, in parte fan, in parte accumulatore: “avido di contenuti, divora le serie di successo, la novità che porta alla conversazione spicciola con una passione nomade e priva di piacere”
Still dal film / still from film "Ghost in the Shell" (1995), Mamoru Oshii. Courtesy Moviestore Collection Ltd / Alamy Stock Photo
1.4 Remote Participation
“Se non ti piace come vivi, ti consiglio di cambiare qualcosa dentro di te, altrimenti tappati le orecchie, gli occhi e la bocca e vivi da solo.” [Motoko Kusanagi mentre arresta un criminale]
(Ghost in the Shell: Stand Alone Complex, “Sezione 9 – Kōan Kyūka” Stagione 1, Episodio 1, 1 ottobre 2002, Kenhji Kamiyama.)
Lo streaming generalista impoverisce la diversità genetica basandosi sulla presunta logica della domanda. È un ideale laghetto da pesca che promette varietà ma offre solo un’unica specie, camuffata con la nota formula della scelta. Un menù visivo capace di annoiare anche il consumatore medio che si programma una comoda serata a base di #nepenthe&chill.
L’ampliamento della possibilità di scelta non corrisponde a una libertà generalizzata; piuttosto consolida una figura che ormai viene definita spettatore generico, un essere pseudo-umano che si nutre della progressiva diminuzione della presenza e della circolazione di materiali visivi che non sono a portata di click e non consentono una visione illimitata come la macchina perfetta dei film ammissibili. La creazione di sezioni dedicate esclusivamente a contenuti di qualità, a produzioni d’autore, indipendenti e pluripremiate, ha favorito un rapporto elettivo predeterminato con utenti irrequieti, senza però fornire opzioni di archiviazione di contenuti e uno spazio per il confronto. Una svolta che sta creando un canone che è dato tanto dai materiali video quanto dalla loro presunta presenza, che non riesce a elaborare una soluzione.
Quella che un tempo era una forma di aggregazione creata da una comunità di spettatori indipendenti – coesi ma dispersi, riuniti come in una nuova tappa dell’evoluzione, sulla base di universi diversi, finali alternativi e aspre critiche – ormai è morta e si è ricostituita in una nuova modalità di partecipazione codificata nella piattaforma.³
³ Subito dopo cena mi metto a leggere davanti a te, i movimenti si coagulano con lo sferragliare del treno che passa sul cavalcavia. Le finestre del corridoio inquadrano le stagioni, uno specchio che aiuta a resistere. Queste ore dovrebbero essere il tuo tempo da dedicare alle attività domestiche. Il film si sta dissolvendo, mentre ti sposti da una stanza all’altra. Pur con qualche difficoltà, un’altra giornata volge al termine.
Carole Roussopoulos filming the demonstration of the LIP company workers in Besançon for her documentary / riprende la manifestazione degli operai della LIP a Besançon per il documentario "La Marche de Besançon. LIP II" (1973). 09/1973. Distribution by Centre audiovisuel Simone de Beauvoir, Paris.
1.5 Life-Edit
assembly, modification, selection
La memoria cinematografica funziona esattamente come il montaggio: modifica, seleziona e assembla informazioni utili, immagini rilevanti per dare continuità a un legame personale con la realtà del video.
Meravigliose rappresentazioni di questi processi incorporano lo schermo, lo streaming e il nomadismo delle piattaforme multiple con gusto selettivo. Le attuali modalità di streaming hanno fatto emergere un processo oculare attivo, che produce il montaggio perfetto: impercettibili passaggi che riaffermano il dominio sull’immagine visualizzata. I frammenti filmici proliferano in forma di Narrenschiff, un folle caos di immagini, contenuti pubblicitari, notizie, informazioni collaterali e altri film, trasformando la visione in un affollato processo di montaggio che non conosce regole.
Sono molti i livelli di realtà che si intersecano in questi scenari sempre più diffusi. Questa prospettiva rende la visione di un film un processo frenetico, un’esperienza attiva – interpretabile solo in base a un’idea di disordine apparente; uno sviluppo visivo che ha i tratti di una storia d’avventura, ma i cui aspetti caratterizzanti si costruiscono in solitudine.
Lo spettatore in streaming guarda i contenuti esclusivamente da solo come un unico calcolatore decentrato e a volte insonne, assimilando le immagini con filtri personali e specifici in modo disordinato e irripetibile.4
La visione solitaria (lo streaming è esattamente questo) rende il film la perfetta piattaforma di montaggio per i processi immaginativi. Una continua riscrittura del piano psicologico, percettivo e ontologico che un film delinea nelle coordinate esperienziali dell’utente.
Come una videocamera, gli occhi si nutrono di frammenti e la soggettività si manifesta attraverso l’assemblaggio.
I siti di streaming hanno infiltrato l’individualità nella cinematografia, spianando la via a un’espansione silenziosa che ha dato alla visione solitaria di film un’invisibile egemonia.5 La possibilità di usare un oggetto o un pacchetto di informazioni senza scaricarlo – lo streaming – rende possibili scenari ipertestuali senza esiti forzati. Se una sala cinematografica consente un’unica azione, lo streaming invece alimenta l’esistenza dello spettatore con tortuose configurazioni polimorfe in una congerie di narrazioni peculiari sulla vita cognitiva dell’osservatore.
La memoria cinematografica è costantemente impegnata ad assemblare e scomporre l’infinito resoconto di ciò che l’occhio registra, sensibile ad associazioni iperboliche che sorgono spontanee in una struttura spaziotemporale irreversibile.
Lo streaming è l’individualità che non trova limiti, un possibile parametro della solitudine.6